Conversazione e dibattito

Ultimo aggiornamento: 30/11/23

Come si può valutare adeguatamente un argomento e allo stesso tempo avere un confronto proficuo e pacifico con qualcuno? In questo articolo vorrei condividere con voi alcune riflessioni personali su come condurre una conversazione con qualcuno, specialmente su questioni controverse, in modo da poterne uscire in qualche modo arricchiti. Si tratterà di semplici linee guida, senza la pretesa di risultare esaustivo, ma che spero possano essere utili.

Non è un caso se preferisco parlare di conversazione piuttosto che di dibattito. Trovo infatti che la prima abbia alcuni meriti sul secondo e sia pertanto preferibile nella maggior parte delle occasioni. La principale differenza tra i due sta nel fatto che, mentre il dibattito ha una natura competitiva, la conversazione ha una natura collaborativa.

Lo scopo del dibattito è infatti quello di difendere la propria tesi, generalmente considerata come la verità, esponendone i meriti e sottacendone i difetti, evidenziando al contempo i problemi delle idee dell’interlocutore. Lo scopo di un dibattito è mostrare che uno dei due ha ragione e infatti i dibattiti si possono vincere o perdere.

Scopo della conversazione è invece quello di aprire un dialogo tra le parti, in cui entrambi espongono la propria tesi, sottolineandone sì i meriti, ma anche cercando di comprenderne i maggiori punti di fragilità, evidenziati dall’interlocutore. Allo stesso tempo, in una conversazione si cerca anche di capire se nelle idee del nostro interlocutore ci sia qualcosa di meritevole che può essere integrato nella nostra visione delle cose o che può metterle in dubbio. Potrebbe essere che l’interlocutore ci faccia riflettere su problemi a cui non avevamo mai pensato o ci faccia analizzare la questione da un altro punto di vista. A questo punto noi possiamo decidere quindi se accogliere l’obiezione e cercare di trovare una risposta all’interno della nostra concezione oppure cambiare completamente idea. Se nel dibattito la verità è concepita come proprietà di uno dei due poli, nella conversazione essa è ricercata in maniera collaborativa, mettendo insieme dei pezzi provenienti da diverse fonti.

Penso che per quanto riguarda le discussioni sui social o nella vita quotidiana, lo strumento della conversazione sia pertanto molto più proficuo ed efficace. Questo non significa che il dibattito sia inutile, ma credo che vada riservato a momenti in cui bisogna effettivamente prendere una decisione e quindi arrivare ad una conclusione finale in un determinato lasso di tempo, come all’interno di un parlamento o di un comitato.

Valutare un argomento

Poniamo quindi che qualcuno ci esponga il suo argomento. Cosa possiamo fare per valutarlo in maniera efficace?

La prima cosa da fare, sembrerà banale, ma è capire l’argomento. Questo non significa ascoltare e pensare ad una risposta, ma ascoltare con genuino interesse le idee dell’altro al fine di capirle, non di discuterle. Di particolare importanza, specialmente in questi tempi, è evitare di attribuire al nostro interlocutore idee che non ha espresso o attribuirgli sfumature improprie e interpretazioni personali. Non bisogna pensare di sapere meglio del nostro interlocutore quali siano le sue idee. Da parte nostra, una cosa che possiamo fare è provare ad esporre al nostro interlocutore le sue idee, così da confermare con lui di averle comprese correttamente.

Fatto questo si può iniziare a considerare l’argomento. La prima cosa che consiglio di fare è quella di trovarne i meriti, ovvero: c’è qualcosa su cui possiamo concordare? Questo è forse il punto in cui si può notare la differenza tra dibattito e conversazione, dato che questo step nel dibattito non è presente. Mentre il diabattito procede all’attacco delle idee, la conversazione permette di concedersi uno spazio per trovare i punti in comune. Quasi sempre infatti c’è qualcosa su cui si può concordare, anche se fosse qualcosa di generico. Se così non fosse ci si potrebbe porre una domanda sull’utilità di quella conversazione: è veramente complesso avere una conversazione proficua con persone che non condividono, o non vogliono condividere, nulla con noi.

Ultimo passaggio è quello discutere l’argomento. Questo può essere fatto in vari modi. Se prendiamo un argomento standard esso avrà delle premesse e una conclusione. Cosa discutere o in che ordine discutere l’argomento è una scelta personale. Si può decidere di attaccare la conclusione chiedendosi se essa segua logicamente dalle premesse oppure no; altrimenti si può cercare di confutare una premessa e così facendo minare la validità della conclusione.

Argomenti induttivi e deduttivi

A questo proposito è forse utile aprire una breve parentesi sulla differenza tra gli argomenti deduttivi e gli argomenti induttivi.

La differenza fondamentale tra i due tipi di argomenti è che, se le premesse sono vere e l’inferenza logica è valida, quelli deduttivi portano a conclusioni certe; gli argomenti induttivi invece portano a conclusioni che sono solo probabili, in quanto in fondo non si tratta altro che di generalizzazioni di un caso o più casi particolari. La loro forza dipende pertanto dal numero di casi su cui si basano. Un argomento induttivo che nasce dalla generalizzazione di molti casi particolari può avere una certa forza, in quanto le conclusioni saranno estremamente probabili (l’argomento del pendio scivoloso di tipo empirico è un esempio di argomento induttivo).

Alcune fallacie logiche

Uno dei motivi per cui insisto tanto sull’importanza di ascoltare l’argomento dell’interlocutore e non attribuirgli idee che non ha espresso, è che questo è un modo per evitare di incorrere in varie fallacie logiche, ovvero errori di ragionamento, che possono compromettere la buona riuscita della conversazione, oltre che minare la cogenza degli argomenti. Alcune fallacie particolarmente diffuse nelle questioni bieotiche sono le seguenti:

  • Argomento fantoccio (straw-man): consiste nel discutere una forma dell’argomento dell’interlocutore contruita ad hoc, quasi come se fosse una sorta di caricatura dell’argomento originale, tralasciando appositamente l’argomento proposto dall’interlocutore e attribuendogli idee che in realtà non ha espresso ma che secondo noi sostiene;
  • Argomento ad hominem: invece di discutere l’argomento si discute il carattere dell’interlocutore, attaccandolo per alcune sue caratteristiche o scelte di vita e cercando di contrastare la forza delle sue idee sminuendolo come persona;
  • Argomento ad misericordiam: consiste nello smuovere l’interlocutore raccontando una storia emotivamente impattante o strappalacrime che o lo convinca tramite un appello alle emozioni oppure lo faccia passare come una persona spregevole perché non prova una qualche forma di pietà;
  • Argomento ad populum: si sostiene che un’idea sia corretta solo perché è sostenuta dalla maggior parte delle persone.

Fallacie non sempre fallaci

Esistono poi delle fallacie logiche che non sono però sempre fallacie logiche. Se questi argomenti vengono usati nella maniera corretta possono essere invece considerati validi.

  • Argomento del pendio scivoloso: solitamente considerato una fallacia, in quanto si assume che da una certa azione ne seguano inevitabilmente delle altre che sono indesiderabili, la sua forza dipende dalla forza o dalla debolezza del legame causale tra le varie conseguenze e dalla loro indesiderabilità. Se le conseguenze seguono logicamente dalle premesse oppure se esistono dei fatti empirici che provino la loro inevitalibiltà, allora l’argomento del pendio scivoloso è un argomento valido che va considerato seriamente. In sostanza, per accertarsi della sua validità bisogna chiedersi: le conseguenze sono davvero inevitabili e indesiderabili?
  • Argomento ad hominem: questo è un argomento fallace solo se è volto ad attaccare l’interlocutore per motivi che non c’entrano con l’argomento che si sta trattando, ma se parliamo di etica e l’interlocutore sostiene determinate idee che poi nella realtà e nella vita privata smentisce con le proprie azioni, allora questo può essere considerato per lo meno un richiamo alla coerenza e può valere come prova della sua onestà intellettuale e della reale applicabilità della sua teoria etica alla realtà.
  • Appello all’autorità: questa può essere considerata una fallacia se si sostiene che una determinata idea sia corretta per il solo fatto di essere stata sostenuta da una persona importante o da un gruppo particolarmente influente. Tuttavia, ci sono delle eccezioni. Ad esempio, quando ci si appella all’autorità della comunità scientifica non si sta commettendo una fallacia, poiché non ci si sta rifacendo all’opinione di una singola persona o di un gruppo generico e dominante, ma a conclusioni che sono state raggiunte a seguito di studi, ricerca ed esperimenti ripetuti nel tempo.
  • Falsa analogia: questa fallacia avviene quando si cerca di analizzare un problema creando un’analogia con un altro problema, sostenendo che andrebbero trattate allo stesso modo perché presentano delle similitudini. Spesso però vengono taciute le differenze tra i due casi, che invece possono essere rilevanti e possono giustificare un trattamento differenziato. Le analogie, spesso formate da esperimenti mentali al di fuori della realtà, sono usate di frequente in bioetica e pur non essendo sempre fallaci bisogna porre grande attenzione nel crearle nel modo giusto, assicurandosi di non aver tralasciato dei dettagli fondamentali.
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